Lettera a mia madre statuta-22

Non riesco a scrivere quello che sta succedendo. L’Africa…
L’Africa si dà tutta completamente all’inizio, poi si sottrae piano piano.
Ed io che devo fare? Non riesco ad ignorare le continue realtà sempre più profonde
che stanno cambiando la mia vita e anche il mio lavoro.
La mia vita si sta trasformando. Qualcosa sta succedendo ed è talmente forte che non riesco a capire. La fame dell’Africa.
La fame la puoi anche ignorare, ti dà la possibilità di ignorarla.
Poi c’è Safiat, gracile, bella, che con un soffio di vento può andare via,
Poi c’è Fattao, che si nasconde la carne dentro una ciotolina con un coperchietto,
Poi c’è Sonia, che più la guardi più è bella e forte, ma poi le sue analisi dicono che sta male,
ha bisogno delle medicine e nessuno le compra. Le medicine.
Vengono a trovarci e ci rubano la novalgina, la nevachina per disinfettare l’acqua,
tutto quello che assomiglia ad una medicina, perché loro non le possono comprare e se stanno male, stanno male.
Poi c’è un documentario, che tratta il problema dell’infanzia,
ci sono venti bambini di un orfanotrofio fantasma, scalzi, senza vestiti, o con i vestiti sporchi,
bevono l’acqua non filtrata, sono debilitati e ci cantano, o meglio, ci cantavano, o meglio ancora,
cantano ai turisti, in fila indiana e in sequenza d’altezza
“VOI SIETE I BENVENUTI”
Questi bambini fanno parte di un’associazione, e tutti quelli che stanno fuori e ci guardano quando andiamo da loro a cucinare,
tutti quei bambini, gli anziani, sono perfettamente uguali, ugualmente affamati.
Si decide -ignoriamo- è meglio venti bambini che mangiano, in ogni caso tutto il quartiere è impossibile.
Allora stiamo con loro, prepariamo da mangiare e loro cantano, io penso “lo faranno per noi”,
poi li guardo e vedo che sono felici. Mangiano tutti due piatti di riso, carne, fagioli, la banana e la cioccolata.
Dopo ballano, giocano, io li fotografo. Loro vogliono farsi fotografare.
Dentro l’obiettivo, vedo tutta la loro bellezza,
poi mi fermo su un viso che ho sempre guardato e mi accorgo che è come quello di una vecchietta.
Ecco l’Africa che torna, se non vuoi vedere non vedi.
Se decidi di vedere è talmente dura che lì per lì non capisci.
Ci accompagnano all’autobus, io ho per mano Safiat e nell’altra mano, altri bambini che si alternano.
Safiat non la lascio, è leggera, così bella, non mi sono resa conto che è così fragile.
Lei mi cerca sempre, mi guarda, mi sorride, si nasconde.
Li salutiamo felici. Ci vediamo giovedì.
Poi la sera… il documentario…il viaggio in Africa…Safiat..Safiat..Safiat
C’è qualcosa che non va, una specie di pianto interno, un dolore, qualcosa di sottile,
qualcosa che ti porta davanti ad un bivio, una responsabilità troppo grande,
un documentario che si sta avviando su un percorso di una scelta fatta dopo le prime difficoltà, che è quella di capire.
Questa è la conseguenza.